In coppia, la gelosia è l’altro lato dell’amore: “così come mi piaci, così ho paura di perderti”.
La gelosia è un sentimento universale: nasce all’idea di perdere l’oggetto del proprio amore per l’intervento di un terzo. Ciascuno la vive (o la soffre) in maniera individuale. Il mistero del limite tra gelosia ed amore caratterizza la relazione e se il sentimento non è gestito con lucidità dalla mente adulta causa sofferenza. Quando la nostra lei (o lui) si esprime in maniera assolutamente positiva, affermativa e seducente – ricca di una sua luce viva ed energica – nel cuore e, soprattutto, nelle viscere dell’amato si attiva, oltre il piacere del godimento, anche un sano timore infantile di perdita della persona amata. Dalle viscere urla un sentire, che recita all’incirca così: “Sei Mia! “

La Bellezza del partner così come è da noi tanto ammirata, così è fonte di paura poiché temiamo che Lei/Lui possa rivolgere le sue grazie altrove, oppure che altri possano attrarla, catturarla. Questi sentimenti, nella stragrande maggioranza dei casi, vanno considerati fisiologici se la persona riesce ad integrare i rigurgiti emozionali infantili nella coscienza di un cervello maturo. Possono essere facilmente sostenuti grazie anche alla presenza di una positiva comunicazione di coppia caratterizzata dall’apertura, dal confronto e dal tentativo di comprendersi nelle reciproche debolezze.
Altro discorso è per chi, invece, soffre di gelosia costante e patologica, se non addirittura delirante, il che sconfina in un quadro decisamente psicopatologico. La linea di confine tra normalità e patologia è sempre sottile e riguarda l’invasività nel quotidiano del sentimento, dei pensieri e degli agiti comportamentali.
Il bisogno infantile di possesso esiste e riguarda tutte le relazioni. Nessuno è immune, nessuno è al sicuro, a patto che ami. Se invece l’amore passionale è stato sostituito da altro, allora si riesce anche a tollerare qualche tradimento. Ma questa è un’altra faccenda.
Il sentimento di gelosia trova radici nell’infanzia ed è associabile a esperienze di perdita, abbandono da parte di figure di riferimento. Non è necessario che la perdita sia avvenuta realmente: ci sono bambini molto sensibili, ai quali un normale livello di rassicurazioni non basta mai. Per altri la fonte della gelosia è associabile all’esperienza di una forte invasività con la figura materna, sino ai due/tre anni, seguita poi da una esperienza edipica frustrante. Una esperienza di tipo simbiotico/dipendente porta a sentire che mamma (da adulti il partner) è dentro di noi. Mamma (partner) gli appartiene e tutto l’equilibrio psicosomatico si allinea con questa “norma” al punto da “pensare come pensa mamma, adeguarsi ai suoi bisogni, ai suoi ritmi, alle sue richieste, alla sua impostazione di vita, ai suoi valori, impegnarsi per soddisfarla sempre e possibilmente ….. anticiparla”.
Nella mente del bambino fisiologicamente dipendente esiste una equivalenza psicologica: “Mamma è mia, ed io sono suo!”. Il possesso è associato all’affetto e alla relazione. Pensieri e modalità di funzionare tipici dell’infanzia: “Io e te, mamma, in un certo senso siamo una sola cosa!”. “Quel rompiscatole di fratello, sorella o papà, interferisce nell’intimità del nostro legame”. “Mamma sei tutta mia!” e “Odio chi si intromette!”. Per alcuni adulti gelosi, l’idea del tradimento è terrorizzante, perché evoca dolori sordi, lontani, talvolta soverchianti, la cui gestione è complessa.
Quando le esperienze/sentimenti infantili non sono rassicurate da relazioni con genitori “consapevoli”, rischiano di divenire la fonte di un profondo mix di paura e rabbia che l’adulto porterà con sé a vita. Le esperienze di scarso godimento di bisogni psicologici di base sonnecchiano nel profondo delle memorie emozionali in maniera inconsapevole sino a quando la potenza energetica dell’Amore adulto riesce, involontariamente, a scongelare e far emergere.
È possibile guarire dal tormento patologico? Si. La maggioranza delle persone riesce a contenerlo ed arriva ad accettare che le garanzie in amore non esistono, perché l’altro non gli appartiene e in qualsiasi momento può la relazione può finire. Il geloso patologico, invece, il più delle volte non ce la fa. Non riesce a compiere questa elaborazione da solo: avrebbe bisogno di aiuto, ma non lo chiede. Non vede che il problema sono i suoi fantasmi. Egli ha la granitica certezza di essere nel giusto. Diventa perfino bravo a documentarla, oltre a se stesso, anche ai terzi.
Se, in uno sprazzo di lucidità, cerca una psicoterapia, può essere aiutato ad affrontare all’interno di un percorso i suoi vuoti esistenziali. La persona gelosa meriterebbe di potersi narrare seconda la verità emotiva e non attraverso la lente deformante della paranoia.
Infine, in qualche caso, è indicata una terapia di coppia: si consiglia quando la gelosia dell’uno è innescata da un comportamento, magari inconsapevole o quasi, dell’altro. Per esempio, esistono persone molto seduttive nei modi, sempre alla ricerca di conferme narcisistiche, che magari non tradiscono ma danno al partner mille occasioni di tormento. In questo caso, è meglio andare dal terapeuta in due: il problema da risolvere non è solo nel geloso, ma anche in chi innesca la gelosia.

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