La nostra vita è cambiata rapidamente. Giorno dopo giorno, il pensiero insegue stabilità e sicurezze interiori, per allinearsi ad una nuova realtà, a nuovi paradigmi i cui pilastri stentano a definirsi. La mente ha bisogno di certezze che la natura e le conoscenze scientifiche oggi non assicurano. Riprogrammare la percezione del presente e del futuro nell’instabilità mutante è un compito complesso. Si sta assistendo al sorgere di un nuovo “pilastro” delle sicurezze esistenziali, la cui natura è assolutamente nuova, diversa da quanto abbiamo sperimentato e vissuto sinora. Stiamo realizzando la capacità di reggere emotivamente l’ansia costante collegata alla vita non sicura, non protetta. Le ultime generazioni, del mondo capitalistico, non hanno neanche pensato di doversi mai confrontare con un simile livello di precarietà sanitaria, economica e sociale.  Il coronavirus costringe tutti a sviluppare la capacità di adattarsi una minaccia invisibile, di difficile difesa, potenzialmente mortale, globale, archetipica, collettiva, intensa. 

Le preoccupazioni costanti riguardano la minaccia per la propria vita, per la vita dei propri cari, la sussistenza economica, la casa, la sicurezza a breve e lungo termine, la perdita del tenore di vita, delle abitudini e delle possibilità consentite dalla vita comoda. Inoltre, il perdurare della singola minaccia percepita o delle minacce multiple può produrre l’innesco di traumi del passato individuali (risolti o meno) ma che possono comunque essere richiamati dal grande stress emozionale.
Diversi livelli di preoccupazione creano attivazione fisiologica a cascata: ormoni, stati umorali, sistema immunitario. Un network di sistemi dove corpo e mente verificano possibilità di adattamento e nuovi equilibri. L’obiettivo dello sforzo psico-somatico individuale è ridurre l’intensità della angoscia latente, più o meno riconosciuta dalla nostra mente. Trasformandola in un sentimento di preoccupazione gestita e un atteggiamento verso noi stessi più “centrato”.

La preoccupazione gestita, a differenza della paura, si collega più profondamente al nostro cuore, al nostro sentire. La preoccupazione gestita fornisce un pensiero più chiaro, un discernimento efficace e scelte migliori anche in periodi di incertezza e rapidi cambiamenti. Nelle condizioni di estrema mutevolezza delle condizioni di vita un migliore collegamento tra mente, corpo e sentimenti presenta indubbi vantaggi. Il processo di adattamento può avvenire in maniera inconsapevole, così come tante persone utilizzano intenzionalmente il mix di risorse a disposizione per meglio centrarsi e predisporsi più soddisfacentemente nel rapporto con sé stessi e con gli altri.

Notevoli energie psicofisiche sono adoperate per costruire nella mente un sistema che possa reggere l’impossibilità di controllare il presente e il futuro, un sistema che possa ridurre le attivazioni fisiologiche e i disagi collegati alla paura diffusa. Il tutto sta avvenendo grazie a diverse risorse, strategie, che si sono individualmente e collettivamente attivate.

Anzitutto risorse sociali. Viviamo una situazione in cui l’impedimento e l’isolamento evidenziano ancora di più il bisogno di sentirsi intimamente collegati. Il “tempo Covid 19” fa emergere chiaramente il bisogno di socialità, la sua non giusta considerazione nella “ex normalità”. Legami familiari, amicizie, collegamenti professionali aiutano a sopravvivere, modulano gli stati ansiosi. Nella vita ante-covid quasi si era dimenticato il bisogno e l’importanza di essere socialmente uniti. Oggi si sta assistendo al consolidamento e riconoscimento del senso dello stare insieme: dalle amicizie alle relazioni di lavoro, risultano determinanti anche le nuove tecnologie per rafforzare il sistema di rete sociale. La gestione dell’ansia diffusa crea una risposta individuale assolutamente positiva: spinge positivamente l’individuo in un movimento verso il prossimo, creando una maggiore naturalezza nel lasciare venire fuori bisogno di amore piuttosto che odio e rabbia. La paura, se gestita, accresce il bisogno di socialità. Molte coppie si sono ritrovate a stare in casa ed hanno avuto la possibilità di rivedersi e superare criticità, rinsaldando positivamente la relazione. Anche gruppi familiari hanno avuto più tempo a disposizione e modo di ripensare al valore della famiglia, al modo di viverla positivamente, creando sinergia. Riuscire a modificare la qualità del clima familiare, anche semplicemente collaborando alla gestione delle attività, è stata per tanti occasione di ri-scoprire che lo “stare e vivere insieme”, piuttosto che un limite, è una risorsa illimitata.

Le persone si sono adeguate alla pandemia anche attraverso risorse cognitive e comportamentali. Le difese mentali variano da atteggiamenti fobici, paranoici, di mera paura del contagio, ad atteggiamenti difensivi di negazione della realtà e/o dei pericoli collegati. Le gradualità di adattamento sono assolutamente individuali e tutte generano, consapevolmente o meno, un livello di attivazione fisiologica dello stress. Molte persone hanno cercato rassicurazioni cercando giuste informazioni, pratiche, pragmatiche sulla reale situazione e su come affrontarla. Ma i media non sempre hanno dato informazioni di semplice lettura ed univoca interpretazione, anzi. Il compito cognitivo è stato più semplice quando le informazioni sono state chiare su limiti comportamentali e sistemi di protezione da adottare. La conoscenza della realtà consente una veloce ri-programmazione mentale rispetto al limite stesso. Consentendo così un processo di gestione della paura diffusa, e nel contempo una riduzione dei livelli fisiologici di attivazione dello stress. Ricevere corrette informazioni sul fenomeno, sui dati, così come su cosa si può fare individualmente può essere rassicurante. Sul piano comportamentale è stato determinante il ruolo della ri-costruzione di una routine giornaliera, della distribuzione dei tempi e delle attività da svolgere in casa, della ricerca di un giusto ritmo sonno-veglia. Così come fondamentale è stata la ricerca di tutte le attività mirate a recuperare mentalmente senso di unità e individualità (studiare, programmare il rientro, continuare a lavorare, costruire una nuova identità professionale, ecc.) e che potessero ridurre nel giusto modo la sensazione psicologica di dispersione.

Nel perdurare della pandemia sono state attivate risorse psico-fisiologiche. Nella ricerca di benessere e in una visione di unità mente e corpo si sono da subito cercate delle soluzioni: la mancanza di movimento ordinario è stata compensata da tanti allenamenti a casa. Nei primi tempi della restrizione personale le attenzioni di tanti si sono indirizzate, spesso inconsapevolmente, sulla nutrizione per i suoi significati psicologici compensatori. Successivamente si è capita la necessità di rivedere gli stili nutrizionali per non compromettere la salute in generale. Il ritmo sonno veglia si è modificato, risentendo pesantemente degli effetti della perdita delle abitudini collegate al quotidiano. È aumentato l’utilizzo di integratori di vario tipo, tutti mirati alla riduzione individuale degli effetti dannosi dello stress. Sono state attuate dai praticanti abituali, o per i novizi on line, tantissime pratiche di meditazione, yoga, esercizi di benessere, respirazione, tecniche corporee con il fine, sempre, di ridurre gli effetti negativi di uno stress emozionale prolungato.

Sin dall’inizio della paura indotta dal contagio e dal virus è stata delicata la gestione dei vissuti emotivi. I differenti vissuti hanno ovviamente prodotto risposte emotive individuali. Ogni persona ha il suo universo personale di risposte emotive e, tra queste, quelle difficili presentano tutte un unico denominatore comune: il bisogno di ascolto e supporto. Le emozioni difficili sono una risposta alla gravità della reale situazione che si sta vivendo. Già la possibilità di esprimere e condividere il vissuto difficile è una maniera importante per ridurre i livelli di attivazione dell’allarme interiore. Parlare, condividere rabbie, paure, lutti e preoccupazioni è la principale modalità di gestire la risposta di attivazione. Esplorare, identificare, articolare le parole per esprimere il cuore ha effetti molto regolanti. Trovare in famiglia, nella coppia, nel sociale e anche nella rete una possibilità di ascolto, condivisione riduce l’ansia e rasserena la psiche. Talvolta il riconoscere prima internamente le sensazioni difficili, riuscire a dare loro un nome, e poi condividere con l’altro una sensazione “indicibile”, consente di trasformare l’umore. Si realizza un miracolo quando l’indicibile si trasforma in dicibile, raccontabile. In questi casi il cervello ed il corpo riprendono a comunicare in sintonia. La salute emotiva ritorna quando “il dentro” e “fuori” comunicano senza veli. Quando l’emozione viaggia fluida nella comunicazione intra ed interpersonale, anche la peggiore paura si trasforma in una sensazione di realtà possibile.

Le risorse diversamente ed individualmente utilizzate stanno consentendo una riprogrammazione continua necessaria per adeguarci a gestire le preoccupazioni. Il virus ci sta costringendo ad una trasformazione mentale, ad una evoluzione positiva – certamente costosa in termini psicosomatici – nel modo di approcciare a noi stessi, ai nostri affetti. Una rimodulazione di affetti, di consapevolezza, di stili di vita che la nostra generazione del benessere non aveva mai conosciuto e di cui forse in parte aveva anche bisogno. Il compito necessario è di ri-organizzare un sistema mentale di sicurezza esistenziale che possa includere la capacità di reggere emotivamente la destabilizzazione data dall’incognito. Recuperare il senso di “centralità”, di radicamento, di sana progettualità è la vera sfida cui si è chiamati. Solo ponendo attenzione, cura e amore all’integrità mente-cuore-corpo l’uomo ne uscirà vincente.

a cura di Domenico Mistrangelo,psicologo, psicoterapeuta

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