[vc_row fullwidth=”true”][vc_column][vc_single_image image=”530″ img_size=”full” alignment=”center” el_class=”pageheader”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/2″][vc_column_text css=”.vc_custom_1552558439743{margin-bottom: 0px !important;}”]IL TRATTAMENTO DELLA DIPENDENZA AFFETTIVA DEL DR MISTRANGELO A NAPOLI E ROMA

Anche una relazione affettiva può essere una dipendenza. Per la persona affettivamente dipendente è difficile stabilire il confine tra amore e patologia. Per chi vive dall’esterno la persona dipendente (familiari e/o amici) è più facile riconoscere la patologia del rapporto.

Ovviamente non tutte le dipendenze sono uguali, vi sono dipendenze che possono essere definite sane ed altre che rientrano, invece, in una categoria che possiamo definire patologica.

Le dipendenze sane sono quelle che arricchiscono, sono le amicizie, gli affetti familiari, i rapporti sociali di cui si sente il bisogno e che ripagano dandoci in cambio le medesime attenzioni che noi abbiamo riservato agli altri.

La dipendenza è patologica quando porta a legarsi ad una persona, che diventa l’unico centro di interesse. La dipendenza affettiva si manifesta nella modalità di intendere il rapporto. La relazione si trasforma in una droga, nel senso che l’altro diventa il centro (unico) della propria vita. Tutto è in funzione dell’altro, o quello che presumibilmente l’altro potrebbe apprezzare di noi. Il terrore della perdita, strisciante o evidente, dell’altro condiziona il quotidiano sino all’annullamento della propria vita: si subiscono ferite, offese, tradimenti, mortificazioni, problemi economici, violenze anche fisiche. Per l’amore (patologico) si stravolgono orari, abitudini, interessi, amicizie, si perde il gusto della propria vita, del piacere di esistere. In poche parole la persona dipendente affettivamente si annulla nella persona amata, che vede come unica ragione di vita.

Il percorso patologico della dipendenza affettiva, al pari di altre forme del dipendere, è graduale e progressivo:

dalla fase “dell’ebbrezza” della relazione con il partner, vissuta come qualcosa di assolutamente indispensabile per la propria felicità, si passa rapidamente alla fase della “dose”. La dipendenza porta a cercare “dosi” sempre maggiori, di presenza e di tempo, da spendere insieme al partner. La sua mancanza getta in uno stato di prostrazione. La persona affettivamente dipendente esiste solo quando c’è l’altro. Non basta il pensare a lui o a lei per rassicurarsi, si ha bisogno di manifestazioni continue e tangibili. L’aumento di questa “dose” non di rado esclude la coppia dal resto del mondo. Se la dipendenza è reciproca, la coppia si alimenta di sé stessa. Le normali attività quotidiane sono trascurate, l’unica cosa importante è il tempo trascorso con l’altro, perché attesta la propria stessa esistenza. Quando il partner non c’è, la persona dipendente sente di non esistere. Figuriamoci di “pensare” ad una vita in cui il partner non ci sia. Di giorno in giorno, e senza rendersene conto, si arriva alla fase della “perdita dell’Io”, in cui esiste un alto rischio di perdita del proprio senso di individualità, della propria capacità critica. Contemporaneamente diminuisce la capacità di dichiarare una criticità dell’altro, vissuto come irrinunciabile nutrimento. Il senso di perdita di identità è seguito da sentimenti di vergogna e di rimorso. In alcuni momenti si potrebbe anche percepire qualcosa di distorto nella relazione con l’altro.

Barlumi di autocoscienza potrebbero anche consigliare che la dipendenza è nociva. Che se ne dovrebbe fare a meno, ma la constatazione di essere intrappolati ed incapaci di fare altrimenti porta la persona ancora di più verso il basso. La dipendenza è percepita come un’esperienza tragicamente inevitabile e talvolta inspiegabilmente speciale. Nella realtà lo è. Nel senso che null’altro è così autodistruttivo per la persona, anche se nel contempo fonte di adrenalina. Un mix di sensazione alternate nel corso della giornata tra piacere e struggimento depressivo che portano la persona verso l’annichilimento.

“La persona che arriva alla dipendenza, di fatto lo è già prima che questa si manifesti”, dice Antonella Giuffrida, Counselor esperta di Dipendenze. “Si interviene quando le problematiche presentano sintomi disastrosi e inequivocabili, quando cioè la dipendenza è già profondamente radicata. La tendenza al dipendere nasce e si struttura in famiglia, all’esterno trova solo le forme di cui nutrirsi. Non è la droga ad indurre alla dipendenza, ma è la dipendenza che conduce alla droga”.[/vc_column_text][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_column_text css=”.vc_custom_1555404443628{margin-bottom: 0px !important;}”]Alla fonte del Dipendere, nel profondo della persona dipendente, ci possono essere gravi carenze, traumi, abusi, violenze che lasciano ferite profondissime. Anche modalità pedagogiche errate possono creare ferite psicologiche. Traumi e ferite di non amore, compensate durante la crescita da equilibri e compromessi psicologici difensivi, salvo poi da adulti svelarsi nella loro piena drammatica all’interno della relazione affettiva.

Insicurezze e vuoti che trovano, poi, nell’oggetto d’amore adulto l’illusione di rivincita del bisogno mal goduto.

Il percorso psicoterapeutico per il trattamento delle dipendenze affettive del Dr Mistrangelo a Napoli e a Roma, punta a ricreare nella persona una sua centralità nell’affrontare la vita, purtroppo precedentemente perduta.

La psicoterapia delle dipendenze mira a fornire una coscienza chiara e matura delle personali risorse. Per giungere poi ad impegnarsi in una crescente e graduale assunzione di responsabilità psicologica, emotiva ed infine comportamentale di sédel proprio sentire emotivo.

Il libro di Michele Rossena “Non posso vivere senza di te”, sul tema delle dipendenze affettive è consigliato per un primo approccio informativo e culturale.

Le tipologie di dipendenti affettivi

L’associazione americana Dipendenti affettivi anonimi (Love Addicted Anonymous) ha delineato alcuni profili tipici dei dipendenti affettivi:

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